20070201

L'uomo che sussurrava ai citofoni

Non poteva smettere.
Da tempo passava buona parte delle giornate a girovagare cercando sui campanelli qualche nome famigliare.
Ma le questioni erano almeno due.
Il primo era che la sua memoria era soprattutto fotografica: riusciva a ricordare le facce di chi era in fila al supermercato con lui fino a un mese prima, ma non il nome del suo vicino di casa.
Il secondo era che non era possibile fermarsi ad ogni numero civico, per cui era costretto ad utilizzare un metodo random, camminando guardandosi in giro o con fare indaffarato, per poi fermarsi improssivamente davanti ad una qualche palazzina.
Scorreva la lista dei cognomi con grande pazienza e dedizione.
Spesso qualche nome gli suonava famigliare, non fosse altro per la ricorrenza geografica. Raramente, e con grande giubilo, trovava qualcuno che probabilmente conosceva.
E allora suonava e sussurrava frasi interminabili per riuscire a farsi aprire.
Non gli interessava, in realtà, tutto il preambolo, la ricerca e la tattica.
Era un amante delle case: adorava guardare ogni particolare. Dall'androne allo sgabuzzino, senza un momento di sosta, i suoi occhi scandagliavano ogni cosa: i libri, l'arredamento, i quadri, le suppellettili. Le persone non erano così importanti per lui, quanto il contesto.
Aveva bisogno di farsi travolgere dalle mille componenti della vita altrui per fare supposizioni, tirare conclusioni, ipotizzare paralleli storici e analisi sociologiche, farsi stupire.

E questa era tutta la sua vita. O almeno la parte più interessante.

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